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Etna, un grande vulcano

L’eruzione più famosa dell’Etna è quella del 1669 , che raggiunse le porte di Catania , mentre la più violenta fù quella del 1928 che il 6-7 Novembre giunse a Mascali  distruggendola. Come eruzioni dei giorni nostri va ricordata già dal 1997 si ebbero delle piccole manifestazioni di ripresa di attività. Al'inizio del 1998 si avvertirono una serie di scosse, che provocarono crolli a Biancavilla e che segnarono l'inizio di una nuova fase attiva del Mongibello. Il primo cratere interessato fu il Sud-Est con attività stromboliana. In seguito ad uno sciame sismico di circa 150 scosse la colonna magmatica all'interno del cratere di Sud-Est si abbassò  improvvisamente, provocando una frattura alla base di quest'ultimo. Il magma fuoriuscì da tale frattura creando piccole colate molto dense che andavano ad estinguersi a causa della scarsa alimentazione e della poca pendenza. Le scosse sismiche accompagnate da attività  dei crateri sommitali si susseguirono finchè una fortissima esplosione diede inizio alla nuova attività del cratere centrale, il 22 Luglio '98 A seguito di tale esplosione una densa nube di ceneri investì  Catania e l'aeroporto di Fontanarossa che fu costretto alla chiusura. Durante l'Agosto dello stesso anno l'Etna alternò violente esplosioni ed espulsioni di ceneri sempre accompagnate da piccoli terremoti o da violenti boati uditi dai paesi di Nicolosi e Zafferana. Da Settembre in poi il cratere di Sud-Est riprese l'attività con spettacolari attività stromboliane e trabocchi di magma accompagnato da un continuo sciame sismico. Le piccole colate si arrestarono comunque dopo qualche centinaia di metri a causa della densità  e della loro temperatura. La bellezza del Parco dell'Etna non sta soltanto nella grandiosità delle eruzioni e nelle colate di lava incandescente. Attorno al grande vulcano si estende un ambiente unico e impareggiabile, ricco di suoni, profumi e colori. Un comprensorio dal paesaggio incantevole, protetto da un parco naturale che chiunque si trovi in Sicilia non può mancare di visitare.

Racchiuso tra la valle dell’ Alcantara, il bacino del Simeto e la piana di Catania da un lato, il mare dall’ altro, si trova il massiccio dell’ Etna, esteso per 1570 Km2 e con un perimetro di 110 Km. La sua vetta sfiora i 3350 m. con falde dolci, fino i 1550 m., coltivate ed abitate. Si evidenziano colate di lava scura con chiazze di bosco e macchie di ginestre fino ai 2400 m. e poi, a finire, nuda roccia. La base del vulcano appare ben rilevata sul livello marino, mentre il cono si erge fino ai 2900 m., dove si appiattisce in un altipiano ellittico come il residuo di un vecchio cratere, per arrivare al cono terminale, ancora attivo. Centinaia di coni lavici secondari si trovano sparsi lungo il pendio, dai quali occasionalmente fuoriesce materiale lavico che arriva spesso fino alla zona popolata. Nel 1669 una colata raggiunse Catania distruggendone alcuni quartieri, mentre nel 1928 distrusse Mascali. Il terreno vulcanico è costituito da lava, basalti, tufi, lapilli e ceneri molto permeabili all’ acqua. Sulla cima è sempre presente la neve nel periodo invernale, ma la zona risulta essere arida in quanto priva di fiumi e ruscelli. Questi ultimi si trovano abbondanti in basso, insieme a sorgenti e pozzi.


I vitigni dell’Etna
La viticoltura etnea, da sempre,  si sviluppa su tre quarti della circonferenza del cono vulcanico, dal versante sud che guarda la piana di Catania ad est volto al mare, fino al nord rivolto ai Nebrodi, occupando 2900 ha,  per lasciare spazio ai pascoli e al pistacchio sulla parte rimanente del versante ovest.
Nel versante sud  si trovano i vigneti più alti dell’isola, che in alcuni casi superano i 1000 metri di altitudine. La viticoltura di questo versante rappresenta solo una piccola fetta della notevole estensione presente nel passato, il territorio di Santa Maria di Licodia, che rappresenta una enclave:  in contrada Cavaliere la vite raggiunge quota 1050 metri. Vengono  coltivati Nerello Mascalese, il Carricante e, qualche volta, il Grenache.  Ma è opinione diffusa, e cultura tramandata,  che nella parte nord del vulcano, tra Piedimonte e Randazzo, si producano i migliori vini rossi dell’Etna. Qui il vitigno per eccellenza è il Nerello Mascalese, affiancato sempre più raramente dal Nerello Cappuccio. I noccioleti si alternano alla vite; qualche pianta di olivo completa il puzzle agrario delle rasole, che ritagliano i terreni coltivabili ingabbiandoli in scuri muri di pietra lavica. Circa  il 45% della produzione enologica etnea è concentrato in questo areale, in particolare nei comuni di Castiglione di Sicilia e Randazzo.
Citiamo da una descrizione di Salvo Foti  del 2001: “le contrade migliori per la coltivazione della vite, tra cui citiamo Verzella, Rovittello e Valcerasa, ricadono nei comuni di Piedimonte Etneo, Linguaglossa e Castiglione di Sicilia. Qui si trovano i vigneti più vecchi e migliori di Nerello Mascalese, che danno dei vini rossi di buona alcolicità, molto eleganti e dal profumo speziato”.